Il Medioevo dei Monasteri tra Impero e Papato

La prime notizie relative al territorio di Rocca di Botte risalgono al X sec., quando secondo alcuni storici si formò, intorno ad un monastero benedettino, il nucleo originario del paese. Nel 1115 Rocca di Botte viene citata per la prima volta in una Bolla di Papa Pasquale II tra le proprietà dei benedettini di Subiaco. La situazione sembra cambiare dopo la venuta dei Normanni, tant’e vero che nel Catalogo dei Baroni compare la citazione “…Octo de Mantaniola… tenet a dominio Rege in capite… Roccam de Bucte… “, feudo di tre soldati, ovverosia secondo i calcoli dell’epoca  con una popolazione di almeno 350 anime. Dal 1173 dunque il borgo appare soggetto alla signoria di Ottone da Montanea il cui potere si estende almeno fino alla metà del Trecento alla montagna di Roccacerro e Tagliacozzo. Nel 1188 esso appare come “Rocca de Butta” in una Bolla di Papa Clemente III, annoverante fra i beni della diocesi marsicana le chiese di San Pietro e di San Biagio in Rocca di Botte. All’inizio del 1200 i monasteri vanno perdendo la loro importanza per quanto riguarda la scalata al potere. Con l’occupazione dell’Italia meridionale da parte di Federico II, nipote del Barbarossa, la Piana del Cavaliere si caratterizza come un avamposto imperiale controllato dalle fortezze di Oricola, Celle (Carsoli), Pereto e Rocca di Botte, dove si concentrano le truppe che compiono scorrerie nella valle dell’Aniene e verso Subiaco.
I documenti ci informano che il paese era ancora tenuto dai Montanea, fedeli all’imperatore. Tra il 1241 e il 1246 nel momento di maggior tensione nei rapporti con il papato, Federico ordina la ristrutturazione dei castelli lungo la linea di confine che va da Rocca a Carsoli.
Morto nel 1250 Federico II, la sconfitta ai Piani Palentini nella contea di Tagliacozzo segna la caduta definitiva degli Hohenstaufen. Con la morte per esecuzione di Corradino di Svevia, il regno passa nelle mani di Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia Luigi IX, chiamato in Italia proprio dal Papa. Cinque anni dopo Rocca di Botte è segnalata in un catalogo angioino del 1273 sotto il nome di Rocca de labucco.

Il periodo, di cui abbiamo riassunto i principali eventi, è contrassegnato dalla presenza sul nostro territorio di numerose chiese appartenenti a diversi ordini monastici. L’altura di Colle San Vito, poco oltre la moderna urbanizzazione del Casaletto, ha restituito i resti di un piccolo edificio rettangolare con absidi sui lati corti. Si tratta sicuramente di una chiesa che presenta due fasi successive, la seconda un allargamento della prima. Lungo i margini esterni dell’edificio tombe di adulti e bambini, nonché resti ceramici dal XI al XIII sec. testimoniano la presenza di una curtis medioevale, un piccolo villaggio, con abitazioni e stalle, raccolto intorno alla chiesa. In base alle ricerche d’archivio, è probabile si tratti della chiesa dedicata a San Vito, una proprietà distaccata del monastero di San Cosma a Tagliacozzo, citata nel 1190 nella Bolla di Clemente III insieme a quella di San Giovanni in Camerata. E’ interessante notare come il toponimo si sia mantenuto dal medioevo ad oggi.

Va notato come il ruolo dei tanti monasteri e delle piccole chiese di villaggio andò allora ben oltre quello religioso. In un periodo di generale insicurezza delle città, essi divennero centri economici e culturali. I vasti terreni di cui disponevano venivano usati per le attività agricole oltre che per lo svolgimento di fiere e mercati. Intorno ai monasteri laziali-abruzzesi si raggruppavano contadini in cerca di protezione che poco a poco divennero comunità capaci di provvedere autonomamente al proprio sostentamento. Alcuni monasteri come quelli della vicina Subiaco acquisirono, grazie alle donazioni di terre e di edifici da parte di governanti e signori feudali, vaste proprietà che a volte si estendevano ben oltre i propri territori di origine e che generavano grandi ricchezze. Questi monasteri ebbero anche un’importante funzione culturale, con la fondazione di scuole frequentate anche da giovani poveri. Importantissima per la conservazione dei testi antichi, la riproduzione manoscritta da parte dei monaci amanuensi, grazie ai quali ebbero vita importantissime biblioteche di codici mirabilmente miniati come quella del monastero di Santa Scolastica, oggi tra le più importanti al mondo. Xenodochi e ospizi per i poveri e gli orfani furono infine tra le opere assistenziali di maggior conto in un’epoca dove spesso sopravvivere era già difficile per gran parte della popolazione.

A mezz’ora di strada dalla nostra struttura si trovano, lungo la valle del fiume Aniene, i due gioielli benedettini del Sacro Speco e di Santa Scolastica, un’occasione di visita veramente da non perdere. I bellissimi chiostri del monastero di Santa Scolastica, sorella di San Benedetto e soprattutto i meravigliosi affreschi medioevali del Sacro Speco, il monastero di San Benedetto, costruito su uno sperone roccioso sopra la grotta dove il santo superò le tentazioni del diavolo gettandosi tra i rovi. Alcuni secoli dopo qui giunse anche San Francesco che vi venne rappresentato in un affresco, senza le stimmate, e quindi quando il santo era ancora in vita.
Per saperne di più:

Monastero Sanbenedetto Subiaco

Link Wikipidia

Monastero di Santa Scolastica

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