L’ originaria chiesa di San Pietro potrebbe risalire secondo alcuni storici al X secolo, periodo in cui sarebbe già esistito il monastero  benedettino intorno al quale sorse il primo villaggio. Nella bolla pontificia di Papa Clemente III del 118 la chiesa è  citata come appartenente alla diocesi dei Marsi . Ingrandita e impreziosita con diverse opere d’arte cosmatesca tra il XII e il XIII secolo, essa rappresenta anche il centro religioso e sociale attorno al quale si va sviluppando nel medioevo il borgo di Rocca di Botte. Assoggettata in questo periodo all’abbazia territoriale di Subiaco, San Pietro rappresenta, insieme ad altre chiese dell’area (TagliacozzoAlba FucensCorcumello e Trasacco,) un concreto esempio dell’influsso artistico che la scuola romana dei Cosmati ebbe in territorio marsicano. Pur mantenendo nell’esecuzione i caratteri locali gli artigiani abruzzesi che lavorarono a Rocca di Botte ci hanno lasciato opere mirabili di tecnica musiva nel ciborio e soprattutto nel bellissimo pulpito. Ricordiamo a tal proposito come quest’ultimo, preso di mira dai ladri di opere d’arte per il mercato antiquario, venne parzialmente smontato e trafugato nella notte del 2 gennaio 2010, causando per altro gravissimi danni all’opera. Fortunatamente e inaspettatamente fu recuperato dalla Guardia di Finanza due anni dopo, proprio mentre stava per passare di mano sul mercato clandestino.

Al periodo più antico di San Pietro Apostolo risalgono il portico ad arcate, un tempo decorato da affreschi oggi del tutto scomparsi, e la costruzione del campanile, impostato direttamente sul filo del nartece a sinistra della facciata, malamente ristrutturata quet’ultima, dopo il terremoto del 1915. Purtroppo perduto sotto un brutto strato di pittura rosata l’esterno in pietra che si conserva soltanto nell’abside a testimonianza dell’aspetto originario delle murature. (continua a leggere)


Internamente la chiesa attuale ricalca quella antica di origine benedettina, a tre navate con abside semicircolare. Nel 1300 si assiste al riadattamento del sistema di copertura. Le murature della navata centrale vengono rialzate per permettere un maggior afflusso di luce e contemporaneamente sono inserite le volte rette da archi a sesto acuto nella navata di sinistra e a tutto sesto in quella di destra.

Più volte restaurata nel corso dei secoli, San Pietro è stata dotata di una sacrestia soltanto nel 1752, in occasione delle celebrazioni commemorative per il settimo centenario della morte di San Pietro Eremita, patrono di Rocca di Botte, dove nacque, e di Trevi nel Lazio, dove morì, comuni oggi gemellati.

Nel 1873 il cedimento della volta determina un periodo di abbandono e di degrado della chiesa, come apprendiamo dalle lettere inviate al Ministero della Pubblica Istruzione dall’allora ispettore ai monumenti e scavi del territorio carsolano Giacinto de Vecchi Pieralice per richiedere che almeno il pulpito cosmatesco  ”esposto al nudo cielo” venisse preservato dall’intemperie da una tettoia in legno, in attesa  dell’approvazione dei fondi per la costruzione di una nuova copertura. E conclude tristemente il De Vecchi “quando poi verrà l’ordine di por mano ai lavori, le pitture logorate dalle piogge e dai geli, saranno scomparse per sempre”. Accadimento puntualmente verificatosi! I lavori per il nuovo tetto iniziarono infatti solo nel 1894. Questa stessa copertura dovette ancora essere sostituita a metà del Novecento da capriate in cemento armato, mascherate da un rivestimento in legno.

Il ciborio e l’ambone, i gioielli della chiesa di San Pietro Apostolo:

Probabilmente eseguiti da maestranze locali intorno al 1250 in concomitanza con la fine dei lavori di ristrutturazione della chiesa iniziati quasi un secolo prima da Adelgrima, contessa dei Marsi, la cui immagine, nell’atto di offrire la chiesa a San Pietro,  apriva secondo la tradizione orale una processione di santi, martiri e angeli che si dipanava lungo la navata centrale.

Nelle chiese paleocristiane o romaniche maggiori, erano presenti due amboni uno  sulla destra e uno sulla sinistra della navata, ridotti ad uno unico nelle chiese più piccole, come nel nostro caso. Quello sulla destra era quello dell’Epistola ed era solitamente più piccolo. Quello a sinistra aveva una dimensione superiore ed era dedicato alla lettura del Vangelo.

L’ambone cosmatesco di San Pietro riprende la produzione abruzzese del XII secolo con la cassa a base rettangolare decorata frontalmente da tre colonnine tortili con capitelli a foglia d’acanto e poggianti su creature fantastiche, su cui si appoggia il lettorino. Più affine allo stile della scuola romana è la base attica poggiante su leoni stilofori nelle colonne anteriori e la decorazione a mosaico della balaustra.

Della stessa epoca il ciborio impostato su quattro colonne di spoglio e coperto a cuspide con una doppia fila di colonnine sormontate da una torretta esagonale a sostegno della croce. Separato dalla navata da una balaustrata a colonnine marmoree squadrate alle cui estremità poggiano due travetti terminanti con protomi leonine antiche alquanto rovinate.

Gli affreschi: La chiesa di San Pietro presentava anticamente una decorazione musiva che doveva ricoprire, come era d’uso nelle chiese medievali, ampie superfici, così come se ne può dedurre oggi dai numerosi lacerti sopravvissuti soprattutto lungo il muro perimetrale della navata sinistra e su alcuni pilastri. Ascrivibili ad un periodo dal Quattro al Cinquecento, probabili ricoperture di decorazioni più antiche, immagini di Cristo e della Madonna, processioni di angeli e di santi dovevano quindi ricoprirne in gran parte le superfici. Il degrado architettonico ed artistico in cui versava la chiesa ha fatto si che in anni recenti una mirata opera di restauro abbia coinvolto sia le murature pericolanti che le superfici affrescate.

Il Restauro conservativo dei dipinti murali Rocca di Botte

La bellissima immagine di San Giuliano con le teste mozzate dei genitori nella navata sinistra

La necessità di consolidare la struttura muraria dell’edificio sacro e nel caso specifico di effettuare il consolidamento della prima colonna a sx, che vede la presenza di due ampie porzioni affrescate, ha richiesto un importante pronto intervento per la salvaguardia dei dipinti, intervento che è stato effettuato con la stesura di porzioni di velatino di garza onde evitare il collasso delle sacche di decoesione, gia’ individuate e graficamente circoscritte.

Nel frattempo si è proceduto alla chiusura delle crepe e delle microcrepe con l’uso di una malta idraulica provvisoria, utile alle risarciture e di facile rimozione.

Tale operazione è stata necessaria per procedere alla lenta riadesione degli strati del dipinto pesantemente compromesso e allo svolgimento in sicurezza dei lavori strutturali eseguiti sulla colonna.

L’operazione successiva ha visto lo svolgimento delle fasi di pulitura e del descialbo parziale: infatti nonostante i dipinti in questione fossero gia’ parzialmente visibili, un intervento effettuato negli anni settanta aveva pesantemente coperto le superfici con uno spesso strato di paraloid, oramai alterato, su una superfice non ancora liberata dalle ridipinture.

Tale operazione ha permesso di individuare porzioni originali celate sotto scialbi e ridipinture o addirittura sotto un spesso intonaco cementizio. La pulitura è stata svolta utilizzando a seconda delle porzioni interessate, impacchi di carbogel o semplice acqua demineralizzata a tampone; la rimozione degli scialbi o degli intonaci cementizi è stata svolta utilizzando martellina e bisturi di precisione. tale operazione ha permesso di liberare le superfici pittoriche originarie dai depositi di vernici sintetiche e da calci sovramesse rivelando inaspettati colori e interessanti porzioni decorative a fresco e a calce.

L’operazione successiva è stata svolta effettuando la chiusura delle lacune, delle crepe e delle micro-crepe presenti sulle superfici affrescate. Le lacune ampie sono state trattate sotto livello, mentre le piccole lacune e le crepe sono state trattate a livello per permettere un agevole intervento di integrazione pittorica svolta con l’uso di acquerelli stesi a velatura sotto tono, operazione atta a risarcire pittoricamente lacune e abrasioni, allo scopo di restituire fruizione ai dipinti.

Nella zona già storicamente individuata come la più antica, corrispondente alla parete della navata laterale sinistra è stato possibile individuare la presenza di vari lacerti di intonaco dipinto che fanno presupporre la presenza di un ciclo di affreschi ben ampio e di epoche differenti.

Gli interventi svolti, in seguito all’individuazioni delle aree interessate dalla presenza dei dipinti celati da strati di intonaco e scialbo, hanno richiesto una laboriosissima fase di rimozioni dei depositi coerenti, effettuata manualmente con l’uso di martellina e bisturi di precisione: tale operazione ha permesso di liberare le superfici pittoriche originarie, dai depositi di vernici sintetiche e da calci sopramesse rivelando inaspettati colori e interessanti porzioni decorative a fresco e a calce.

La successiva operazione ha visto l’impiego di consolidanti idraulici in emulsione acquosa, effettuati con l’uso di siringhe inserite nelle fessure o nei micro-fori praticati con l’uso di un trapano manuale. La chiusura delle lacune è stata effettuata scegliendo una malta di fine granulometria, tale operazione è stata propedeutica alla preparazione dei supporti e alla successiva integrazione pittorica che anche in questo caso è stata svolta utilizzando colori ad acquerello, a velatura sottotono o tonale.

La scelta della malta a neutro che delimita la presenza delle superfici affrescate è stata effettuata dopo un attento esame dei supporti , delle malte e non ultimo dei colori impiegati nel recupero architettonico, nell’intento di restituire alle opere una armonica fruibilita’ di insieme.

da: https://www.gaviolirestauri.com/restauro-conservativo-dei-dipinti-murali-presenti-nella-chiesa-di-san-pietro-a-rocca-di-botte-aq/

IL furto del Pulpito romanico da https://www.ilcentro.it/abruzzo/rubato-il-pulpito-romanico-1.409708?utm_medium=migrazione

02 febbraio 2010

ROCCA DI BOTTE. Entrano di notte nella chiesa di San Pietro apostolo e portano via le colonne e i putti del prezioso pulpito d’arte romanica dopo averlo fatto a pezzi. I ladri hanno così defraudato la piccola comunità roccatana e la Marsica di un autentico capolavoro artistico. Sul caso indagano i carabinieri del Nucleo per la tutela del patrimonio culturale e artistico.

Sarebbero state necessarie quattro ore, forse cinque, affinché il pulpito in marmo risalente al XII secolo fosse fatto a pezzi. I malviventi sono entrati nella chiesa forzando una porta sul retro che dà accesso a un piccolo bagno. Sono riusciti quindi a entrare nella navata principale e hanno iniziato il laborioso intervento di devastazione.

Secondo la ricostruzione degli esperti dell’Arma per la tutela del patrimonio culturale, che hanno eseguito i rilievi, i ladri hanno prima staccato dall’ambone le quattro colonnine a tortiglione decorate di inestimabile valore, insieme ai corrispettivi putti alla base. La parete anteriore e quella sinistra del pulpito è stata letteralmente demolita. I malviventi hanno lasciato in chiesa, sul pavimento, soltanto le piastre che collegavano le colonne, forse perché scomodi da trasportare all’esterno della chiesa. A quel punto si sono diretti verso l’altare e hanno scardinato uno dei due leoni marmorei scolpiti. Non sono però riusciti a trasportarlo all’esterno, probabilmente a causa del notevole peso che si aggira intorno ai 70 chili. Alla fine si sono accaniti contro un armadio forzandone la serratura nella speranza di trovare oggetti di valore. I ladri, a quel punto, hanno aperto dall’interno il portone principale e caricato le colonnine e i putti su un camioncino e su un furgone quasi sicuramente parcheggiato davanti alla chiesa.

Nonostante la chiesa si trovi al centro del paese, nessuno dei residenti si è accorto di ciò che stava accadendo, né sono stati avvertiti dei rumori. Solo alle 16 del giorno successivo è stata fatta la scoperta dell’avvenuto furto.